Effetti dell'iperinflazione sui francobolli tedeschi
La grande inflazione Tedesca del 1922-1923
La Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale, si trovò in una situazione economica particolarmente grave ed il Governo non poté far altro che ricorrere al prelievo fiscale e all’emissione di titoli di debito a breve scadenza.
Nell’esercizio finanziario 1919 le entrate ordinarie ammontarono approssimativamente a 11 miliardi, mentre, dal lato delle uscite, la sola voce "servizio del debito" fu si 8,4 miliardi: il volume complessivo di queste uscite era, per ordine di grandezza, pressoché uguale a quello delle spese di guerra nel periodo del conflitto. L’indebitamento a breve era salito a 91,6 miliardi, con una crescita di oltre 40 miliardi rispetto al livello del novembre 1918, arrivando fino ai 271,9 miliardi del 1922.
Questo enorme incremento non era dovuto tanto a spese maggiori in termini reali, quanto al variare dei prezzi: la creazione ininterrotta di nuova moneta da parte dello Stato fece lievitare i prezzi in misura sempre maggiore.
L’ultima fase dell’inflazione portò al fenomeno singolare per cui la massa di moneta in circolazione non bastò più a soddisfare il fabbisogno di denaro del sistema economico ed i prezzi si adeguarono al crollo rovinoso del cambio. Ovunque venivano stampate banconote succedanee, ma anche questo non bastava.
Il costo della vita che aumenta molto più di salari e stipendi e gli stipendi dei funzionari crescono meno dei salari degli operai.
Ma cosa succede in ambito postale? Come vengono influenzati i francobolli?
Ovviamente le tariffe postali dovettero adeguarsi alla situazione. Dal 1 luglio 1922 al 1 dicembre dell’anno successivo esse cambiarono ben venti volte, con cambiamenti sempre di dimensioni eccezionali. Raramente vi fu un semplice raddoppio e, in certi casi si arrivò, nell’arco di pochi giorni, a incrementi anche di venti volte del valore del francobollo.
La tariffa lettera primo porto per l’interno della Germania, che era di 3 marchi il 1 luglio 1922, passò a 80 miliardi di marchi il 26 novembre dell’anno successivo.
Per adeguarsi a tali cambiamenti l’amministrazione postale fu costretta a continuare a emettere nuovi francobolli con facciali sempre più elevati.
Il 1 luglio 1922 gli esemplari col più alto facciale erano fermi ai 20 marchi. Nell’ottobre successivo si arrivò al primo francobollo da cento marchi; ma nel successivo gennaio apparve un pezzo da mille marchi che diventarono 10mila nel settembre... infine, il 12 novembre si toccarono i 10 miliardi e il 22 dello stesso mese i 50 miliardi di marchi.
Un’altra considerazione, a proposito dei francobolli emessi in Germania nel periodo della grande inflazione, riguarda il fatto che le Poste, a partire dall’agosto 1923, per adeguarsi al continuo cambiamento delle tariffe, cominciarono a emettere numerosi esemplari con soprastampe che avevano sempre lo scopo di aumentarne il valore facciale.
Altra caratteristica del periodo è data dal fatto che gli utenti, per poter usare i francobolli in loro possesso, furono spesso costretti ad applicare numerosissimi esemplari sulla corrispondenza.
Se nel 1923 l’aumento del costo della vita fosse stato meno impetuoso, forse la crisi si sarebbe trascinata più a lungo. Invece, il sistema monetario era spontaneamente arrivato all’assurdo per cui, se si voleva conservare un’economia monetaria efficiente, si doveva creare una nuova moneta.
In pratica si poté ripartire da zero proprio perché il vecchio denaro non aveva più alcun valore.
L’inizio del 1924, quindi, rappresentò per i tedeschi la fine di un incubo.
Non potevano sapere che proprio in quei giorni un giovane, arrestato nel novembre, stava scrivendo in carcere un libro per presentare al mondo le sue idee e, soprattutto, stava per entrare in pieno nella vita politica del Paese: quel libro si intitolava “Mein Kampf” e quel giovane si chiamava Adolf Hitler.